Scrivania Luigi XVI , in legno di noce , con alzata, disegno originale inciso sul frontale, Francia , prima metà 800, restaurata.

dimensioni

larghezza 108 cm, altezza 170cm , profondità 85 cm

Sebbene il regno di Luigi XVI abbia inizio nel 1774 e si concluda nel 1793, lo stile francese di decorazione e arredo che ne porta il nome è dotato di vita e fortuna più estese. I mobili di quel periodo portano infatti a maturazione le esperienze che già nei decenni precedenti, sotto Luigi XV(grazie a Mme de Pompadour) avevano iniziato a scalfire le curve, le grazie e I’asimmetria Rococò, mentre gli stessi costituiranno poi una sorta di incunabolo per il gusto della Rivoluzione, del Direttorio e del primo Impero superando, quindi, I’avvicendarsi dei regimi politici.

Referente ineliminabile e sorta di legante tenace sotteso al cambiamento che accompagna tanto gli albori quanto 10 sviluppo dello stile Luigi XVI è certamente il ritorno all’antico e alle regole di un’arte classica capace di sedurre in virtù dell’equilibrio e del prestigio senza tempo delle sue vestigia. Alla metà del Settecento queste affioravano sempre più numerose da perfezionati scavi archeologici e da indagini attente che offrivano stimoli al pensiero illuminato dalla ragione come all’asserzione dell’autorità monarchica, proponendosi attraverso forme e motivi capaci di adattarsi alla solennità monumentale come all’eleganza e alla piacevolezza di un decoro che non rinunciava alle comodità e alla “douceur de vivre”. Non a caso erano soprattutto gli scavi di Ercolano e di Pompei a ravvivare sia la ricerca filologica sia l’immaginazione, disseppellendo davanti agli occhi ammirati dei contemporanei non tanto i resti aulici della Roma pubblica, quanto i resti mirabili della Roma privata fatta di case e di ville, di luoghi intimi e di suppellettili che avevano la facoltà di penetrare agevolmente nello spazio domestico e di modificare profondamente il gusto europeo. Gli echi di queste scoperte risuonavano fortissimi a Parigi anche per mezzo di pubblicazioni di ampia fortuna e assai influenti nel “costruire il consenso” verso una classicità considerata all’origine di ogni bellezza.

Come in ogni nuova stagione decorativa, esplodeva inoltre la reazione contro il gusto vigente, così che la promozione del classico non poteva che passare attraverso la denigrazione del Rococò e attraverso la critica feroce ai capricci del suo ornato.
Contro la sovrabbondanza decorativa, contro le forme elaborate e tortuose insorgevano i sostenitori di uno stile più limpido e chiaro, di una misura ornamentale dove il prestigio e il lusso dovevano confrontarsi con l’assennatezza e l’equilibrio del disegno, con la qualità dei materiali e delle prestazioni, con l’eleganza dei profili e la raffinatezza non vistosa dei decori. Nel 1754, lo stesso anno della nascita di Luigi XVI, I’incisore Charles-Nicolas Cochin scriveva sulle pagine della rivista “Le Mercure Galant” un’ironica Supplica agli orafi dove invitava a “non mutare la funzione delle cose e a ricordarsi che un candeliere deve essere diritto per poter reggere la candela…”, mentre più oltre chiedeva agli artigiani di non torturare quelle forme che possono essere quadrate e di non voler ricavare per forza “disegni sinuosi dai bei legni diritti di cui erano riforniti. Insomma, un invito alla compostezza e a una rinnovata purezza di linee che, vent’anni dopo, quando il nuovo re ascenderà al trono, era ormai entrato nel dominio ornamentale, affermandosi come un’estrema, ma non effimera, dichiarazione di gusto da parte dell’ultima monarchia dell’ancien regime.